Centro agricolo dei Nebrodi meridionali situato alle falde del monte Pomiere a circa 1120 metri di altitudine. Probabilmente è l'antica "Capytium" menzionata da Cicerone e le cui origini risalgono ad epoca romana. Si crede che il suo nome derivi dalla forma del colle, su cui sorge, la cui vetta ha la sembianza di una testa. In età normanna il borgo appartenne al demanio, mentre durante il dominio svevo il territorio fu elevato a contea e data a Corrado di Antiochia.
Nel 1387 Pietro II, re di Sicilia, lo incorporò a regio demanio. Re Alfonso successivamente ne ordinò la demanialità perpetua che perdurò fino al 1682 quando la terra di Capizzi fu venduta a Gregorio Castello. I Castello ne conservarono l'investitura sino al 1802 con il titolo di marchesato. Interessante il centro storico di questo piccolo comune che ancora conserva gran parte dell'aspetto medievale nella tipologia di alcune case o nei caratteristici selciati e muri in pietra locale.
Di notevole rilievo artistico il bel portale gotico della Chiesa Madre, risalente al 1234, e la statua cinquecentesca attribuita ad Antonello Gagini che si conserva, all'interno della Chiesa di San Giacomo. Il territorio di Capizzi è in gran parte interessato da boschi cedui e da pascoli che consentono un fiorente allevamento di ovini e bovini. La principale fonte di reddito rimane l'agricoltura (cereali, vigneti e castagneti). Quasi del tutto scomparse le attività artigianali quali la lavorazione del ferro battuto, un tempo molto fiorente.