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Tasse su affitto: elenco completo e importi

Ecco cosa devi sapere prima di affittare un immobile.

Come tutte le forme di guadagno, anche se non deriva dallo svolgimento di un lavoro o dall’esercizio di una professione, il canone di affitto è soggetto a tasse. Prima di concedere in locazione un immobile, quindi, meglio valutare le possibilità di sgravio e quantificare l’effettivo introito, che può variare molto in base alla destinazione d’uso e al regime fiscale di riferimento.

Quali sono tutte le tasse da pagare sull’affitto residenziale?

Nel calcolo delle imposte dovute sull’affitto di una casa, dovrai tenere conto di una prima distinzione tra:

  • tasse sull’avvio della pratica di locazione;
  • aliquote da applicare al canone annuale stabilito nel contratto.

Infatti, questi due gruppi di tributi sono versati in momenti diversi e, soprattutto, vengono calcolati con criteri che risentono della:

  • tipologia di contratto di affitto;
  • destinazione dell’immobile;
  • situazione dell’inquilino;
  • normativa fiscale.

Imposta di registro e imposta di bollo

La registrazione del contratto di affitto, obbligatoria per tutte le locazioni con durata superiore ai 30 giorni e facoltativa per quelle più brevi, richiede il versamento di due tasse all’Agenzia delle Entrate:

  • imposta di registro (2% del canone annuo moltiplicato per il numero delle annualità);
  • imposta di bollo (16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe).

In particolare, l’entità dell’imposta di registro dipenderà dall’importo del canone di affitto (la somma delle quote corrispondenti alle dodici mensilità), e potrà essere pagata in un’unica soluzione oppure suddivisa in un numero di rate pari agli anni di durata del contratto.

Fai attenzione: in questa seconda ipotesi, la rata dell’imposta di registro verrà ricalcolata ogni 12 mesi sul canone annuo di affitto rivalutato in base agli indici ISTAT, con un aggravio – per quanto limitato – della spesa.

IRPEF vs cedolare secca

Il totale dei canoni incassati dal proprietario di un immobile dato in locazione deve essere considerato parte dell’imponibile a cui si applica l’Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). In base allo scaglione fiscale – cioè alla fascia di reddito – di appartenenza, il proprietario/contribuente verserà una tassa calcolata moltiplicando l’imponibile per una delle seguenti percentuali (che ovviamente vanno verificate da un anno all’altro, consultando il sito dell’Agenzia delle Entrate):

  • redditi fino a 15 mila euro 23%
  • da 15.001 euro a 28 mila euro 25%
  • da 28.001 euro a 55 mila euro 38%
  • da 55.001 euro a 75 mila euro 41%
  • oltre 75 mila euro 43%

Per l’anno fiscale di riferimento, il calcolo produrrà anche la quota di IRPEF corrispondente ai canoni incassati, che quindi risentirà della situazione patrimoniale del contribuente/proprietario e potrà eventualmente ridursi per effetto di detrazioni varie.

Come fare però se non ci sono somme da scaricare e/o l’entità dei canoni è tale da arrivare a determinare una fetta importante dell’IRPEF? Può capitare quando il contribuente ha dato in locazione numerosi immobili, oppure quando i canoni d’affitto rappresentano la sua entrata principale (per esempio, se è un pensionato).

Con gli immobili residenziali esiste la possibilità di optare – al momento della registrazione del contratto – per il regime della cedolare secca, un particolare tipo di tassazione che sottrae i guadagni derivanti dai canoni di locazione dalla normale imposizione dell’IRPEF, con le sue aliquote variabili, e consente si applicare una tassa unica pari al:

  • 21% dell’imponibile, se il contratto di affitto è a canone libero;
  • 10% dell’imponibile, se il contratto di affitto è a canone concordato.

Adottando la cedolare secca, per esempio, anche se il tuo reddito IRPEF ammonta a 28.000 euro e richiede l’applicazione di una tassa del 27%, l’imposta sui canoni di affitto che ti ha versato il tuo inquilino viene calcolata a parte e corrisponde al 21% del canone annuo totale.

La cedolare secca offre anche il vantaggio di non dovere versare imposta di registro e imposta di bollo sul contratto di locazione.

Quali sono tutte le tasse da pagare sull’affitto commerciale?

Se l’immobile concesso in affitto non ha destinazione d’uso residenziale, per esempio nel caso di un locale adibito a negozio o a ufficio, si parla di contratto di locazione commerciale. Anche per questa tipologia di accordi tra locatore e locatario sono previsti i meccanismi di tassazione associati alla registrazione del contratto e all’inserimento dei canoni di affitto nel reddito imponibile a fini IRPEF del proprietario/locatore.

Al momento, per i contratti di affitto relativi a locali commerciali stipulati dal 1 gennaio 2020 non è più prevista la possibilità di accedere al regime della cedolare secca.

La cedolare rimane come opzione solo per i contribuenti/proprietari che hanno sottoscritto un contratto di affitto commerciale entro il 31 dicembre 2019: nell’arco di durata della locazione, anno per anno potranno adottare la cedolare secca o rientrare nel regime ordinario, in base alla propria situazione fiscale.

Quanto è il guadagno al netto delle tasse per l’affitto?

La somma che riuscirai effettivamente a ottenere mettendo in affitto un immobile di tua proprietà viene “alleggerita” dal prelievo fiscale. Oltre alle imposte che gravano in maniera diretta sul contratto di affitto e sui canoni percepiti, nella determinazione del totale residuo interviene anche la Imposta municipale unica (IMU), che è sempre a carico del proprietario.

In materia di tasse comunali, inoltre, nel caso di affitti con durata inferiore a 6 mesi, ricade sul proprietario anche la TARI, cioè la tassa sui rifiuti, che in tutti gli altri casi deve invece essere pagata dall’inquilino.

D’altra parte, scegliendo la giusta tipologia di contratto di affitto, potresti usufruire di benefici fiscali ad hoc, tali da ridurre il prelievo dai tuoi guadagni. Per esempio, sottoscrivendo un contratto di locazione a canone concordato, potrai:

  • considerare, ai fini del calcolo dell’IRPEF, solo il 70% dei canoni di affitto percepiti;
  • ottenere una detrazione del 5%;
  • pagare una imposta di registro ridotta del 30%.

Prima di pubblicare l’annuncio di locazione, valuta bene tutti i pro e i contro di un investimento che potrebbe fruttare poco, paragonato alle aspettative. Scegli con attenzione la persona a cui affiderai il tuo immobile, assicurandoti che sia in grado di corrispondere il canone pattuito e, soprattutto, di gestire nel migliore dei modi l’abitazione o il negozio di cui sarà conduttore per la durata del contratto.

In alcune situazioni di particolare complessità – se, per esempio, possiedi alcuni miniappartamenti che intendi concedere in affitto per ottenere un guadagno integrativo – potresti avvertire l’esigenza di ricorrere a una consulenza professionale. La guida di esperti in materia legale e fiscale ti indirizzerà verso le formule di accordo più vantaggiose, che ti garantiscano un bilancio positivo tra entrate derivanti dai canoni mensili e versamenti al fisco.

Ricorda però che i compensi ai consulenti saranno un’altra voce di spesa da sottrarre alle cifre incassate.

 

Foto di Sven Brandsma su Unsplash

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