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Rinuncia alla proprietà immobiliare: come funziona

Quali documenti servono per procedere?

La scelta di rinunciare al possesso di un bene immobile può lasciare perplessi. In realtà, per molti rappresenta una via d’uscita da una situazione difficile, generata dalla impossibilità di sostenere la pressione fiscale o i costi connessi alle spese periodiche di manutenzione. C’è anche chi decide di liberarsi di quote di proprietà condivisa così irrilevanti da rappresentare solo un fastidio.

Che cos’è la rinuncia alla proprietà?

La rinuncia alla proprietà è un atto unilaterale con cui un soggetto si disfa di un immobile di sua proprietà, senza ricevere in cambio alcun tipo di corrispettivo. In questo, naturalmente, la rinuncia si differenzia da tutte le forme di cessione onerosa dei beni, in cui invece il passaggio di proprietà è connesso al versamento di una contropartita in denaro.

Perché atto “unilaterale”? Se decidi di rinunciare alla proprietà di un’abitazione o di un terreno, non dovrai ricevere autorizzazioni preliminari prima di procedere con la pratica: esprimendo ufficialmente la tua volontà di dismettere l’immobile oggetto della rinuncia, esso smetterà di fare parte del tuo patrimonio personale.

Naturalmente, non tutte le situazioni sono uguali, nel senso che esistono due tipologie di casi riferiti alla rinuncia:

  • l’immobile ha un proprietario unico;
  • l’immobile appartiene a più proprietari.

Nell’eventualità della rinuncia attuata dall’unico possessore, la proprietà dell’immobile passa in modalità automatica allo Stato, per gli effetti dell’art. 827 del Codice Civile: non essendoci altri proprietari, il bene non può essere attribuito a persone fisiche e passa al Demanio.

Quando invece si verifica una condizione di comproprietà, la quota riferita a chi effettua la rinuncia viene dismessa e va a incrementare le quote degli altri comproprietari. Questi ultimi non possono opporsi alla rinuncia e, al massimo, possono a loro volta rinunciare alla parte di immobile che possiedono, a vantaggio di eventuali comproprietari rimanenti o, se non ce ne sono altri, a beneficio dello Stato.

Come rinunciare a una proprietà?

Se hai intenzione di rinunciare alla proprietà di un immobile, devi rivolgerti a un notaio, che, dopo le opportune verifiche, si occuperà di scrivere l’atto di abdicazione e trascriverlo nei Registri Immobiliari.

Nel caso in cui condividi il possesso con altri (comproprietà), la rinuncia produrrà gli stessi effetti di una donazione, in quanto renderà più consistente il patrimonio di altri individui, che per questo non saranno tenuti ad alcun pagamento (donazione indiretta).

Quali documenti servono?

Trattandosi di una particolare forma di dismissione della proprietà immobiliare che richiede un atto pubblico e, per la determinazione delle imposte, fa riferimento a titoli di attribuzione e parentela, il proprietario che effettua la rinuncia, con la consulenza del notaio e di eventuali ulteriori professionisti, dovrà predisporre tra l’altro:

documento di identità e codice fiscale;
documentazione attestante la proprietà (visure ipocatastali);
riferimenti urbanistici dell’immobile;
certificati anagrafici.

Quanto costa la rinuncia alla proprietà?

Il costo dell’atto di abdicazione alla proprietà di un immobile è legato a:

  • compensi per consulenze professionali (in particolare, parcella del notaio);
  • richiesta di atti e certificati;
  • imposte applicate in base alla situazione specifica (proprietà unica o comproprietà).

Se il proprietario è unico, la rinuncia si concretizza nel passaggio del bene allo Stato e implica il pagamento di:

imposta di bollo pari a 230,00 euro;

tassa ipotecaria di 90,00 euro.

Se la proprietà è ripartita tra più soggetti, con la rinuncia da parte di uno dei comproprietari la sua quota viene ridistribuita agli altri, con un meccanismo simile alla donazione. Di conseguenza, sono dovute:

imposta ipotecaria, pari al 2% del valore (oppure a 200 euro, in misura fissa, quando sussistono le agevolazioni prima casa);

imposta catastale, pari all’1% del valore (oppure a 200 euro, in misura fissa, quando sussistono le agevolazioni prima casa);

imposta di donazione, calcolata in base al grado di affinità o parentela che lega il soggetto che effettua la rinuncia agli altri comproprietari.

Aliquota imposta di donazione:

• coniugi e parenti in linea retta 4%
• fratelli e sorelle 6%
• altri parenti e collaterali 6%
• altro 8%

Per i familiari più stretti esiste una franchigia, cioè una cifra limite entro la quale la imposta di donazione non è dovuta:

• coniuge e parenti in linea retta del donante franchigia di 1.000.000 euro
• soggetto portatore di grave handicap franchigia di 1.500.000 euro
• fratello o sorella del donante franchigia di 100000 euro

Quando conviene la rinuncia alla proprietà?

La decisione di rinunciare alla proprietà di un immobile, sia esso un terreno, un fabbricato o la parte di un edificio (per esempio, un appartamento), deriva quasi sempre da motivazioni economiche: un periodo di scarsa liquidità, l’aumento delle tasse o le conseguenze di eventi imprevisti possono determinare una situazione insostenibile.

Alcune volte, invece, le cause della rinuncia sono riconducibili all’età avanzata del proprietario che non ha più l’energia per gestire il bene in suo possesso, o sono da ricercarsi – nell’ipotesi di più comproprietari – nei motivi di un contrasto tra parenti.

Sul ricorso all’atto di rinuncia influisce anche la consistenza della proprietà: in presenza di quote molto ridotte, il possesso condiviso di una casa o di un podere non suscita grande interesse, ma comporta tutta una serie di fastidiose incombenze.

Un fatto è certo: il vantaggio di chi procede alla rinuncia della proprietà non deve trasformarsi in un aggravio per chi di conseguenza viene ad acquisire l’immobile. Il concetto è stato fissato chiaramente dall’Avvocatura Generale dello Stato (nota n. 137950 del 14 marzo 2018), in riferimento alle dismissioni che si traducono nel passaggio dei beni al Demanio.

Se gli scopi del proprietario (unico) che rinuncia al possesso dell’immobile, mettendolo di fatto a carico dello Stato, sono di natura puramente opportunistica, l’atto di rinuncia deve essere considerato privo di validità. Per ogni caso, quindi, vanno valutate le motivazioni e il contesto generale in cui si inserisce la dismissione del bene.

In particolare, l’Avvocatura Generale ha indicato come sicura causa di annullamento degli atti, perché si configurano come altrettanti tentativi di ottenere un beneficio (risparmio su interventi di abbattimento/consolidamento) a danno della collettività, la rinuncia a:

  • terreni con evidenti problemi di dissesto idrogeologico;
  • edifici crollati e ruderi;
  • lotti contaminati.

Sulla base dei principi sostenuti nella nota n. 137950 dell’Avvocatura Generale, il Ministero di Giustizia ha implicitamente sollecitato i notai che ricevono gli atti di rinuncia a verificare che siano stati comunicati all’Agenzia del Demanio, per consentire tutte le verifiche necessarie.

 

Foto di Önder Örtel su Unsplash

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