Alessandro Fullin
Trieste 1943: le truppe naziste invadono Trieste. Nel convento di via Biasoletto un gruppo di suore, “Le Sorelle della Beata Pinza”, tentano di attraversare incolumi la Tempesta della Storia. Inutilmente: alla loro porta bussano i tedeschi, ma anche persone in cerca di aiuto. Coinvolte nella guerra, torturate dalla fame, bombardate dagli americani, sorvegliate dalle SS, le nostre eroine con molta fortuna e granitica fede riusciranno comunque a far navigare la loro piccola e triestinissima barchetta per condurla infine in un porto sicuro. Dopo la saga degli Asburgo a Miramare (“Sissi a Miramar”, “Ritorno a Miramar”, “Oberdan amor mio”) e “Giallo Trieste Rosso Capodistria” la penna ironica di Alessandro Fullin ritorna implacabile e propone questo nuovo romanzo in dialetto triestino.
Trieste 1969. Da quindici anni la città è tornata all'Italia. Il benessere del dopoguerra è palpabile ma non nel monastero di via Biasoletto: la Madre Superiora infatti, per rilanciare l'istituto religioso, si è cimentata nell'impresa di far affrescare le antiche pareti del convento al noto pittore Duccio da Sgonico. È stato un passo azzardato: il costo dei materiali e il compenso dell'artista portano il convento sull'orlo del fallimento. Le suore, disperate, cercheranno allora una soluzione accettando di diventare protagoniste di un'opera cinematografica del regista jugoslavo Borut Rasnici. È l'inizio di nuove avventure per le Sorelle della Beata Pinza che, pur protette come sempre da Santa Tecla, si troveranno coinvolte negli inganni della Guerra Fredda.
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